La storia della resina per rivestimenti in breve
La resina per rivestimenti e pavimenti, industriali e non solo, è uno dei materiali che amiamo di più. La usiamo in gran parte dei nostri lavori e ormai la conosciamo bene. In questo articolo condivideremo con voi un po’ delle nostre conoscenze a riguardo. Parleremo in particolare della storia di questo materiale. Purtroppo, non possiamo entrare nel dettaglio, altrimenti ci vorrebbe più di un articolo! Nonostante questo, faremo del nostro meglio per raccontarvi tutti i fatti essenziali.
Per arrivare alla resina per rivestimenti, partiamo dalle sostanze plastiche ideate nell’Ottocento
Durante la prima parte dell’Ottocento, un noto inventore statunitense, Charles Goodyear, scoprì che, aggiungendo alcune unità di zolfo al lattice estratto dall’Hevea brasiliensis, era possibile ottenere un particolare composto. Quest’ultimo, se sottoposto a cottura, restituiva un materiale gommoso dotato di notevoli proprietà meccaniche, quali elasticità, durezza e resistenza.
Nasceva in quell’occasione la tecnica della vulcanizzazione, con la quale ancora oggi, l’azienda Goodyear statunitense fabbrica pneumatici. Ancora non si era arrivati alla resina per rivestimenti, ma da qui partirono le prime idee che, con il tempo, portarono fino alla realizzazione delle resine sintetiche.
Un altro passo avanti
Nel corso del XIX secolo, l’americano John Wesley Hyatt era alla ricerca di un materiale nuovo che sostituisse l’avorio utilizzato per realizzare le palle da biliardo. Alla fine, l’inventore newyorkese mescolò il composto organico estratto dall’albero della Canfora con la nitrocellulosa, sintetizzata nel 1845 dal chimico tedesco, naturalizzato svizzero, Christian Friedrich Schönbein. Quella ottenuta da Hyatt era la celluloide, un materiale altamente flessibile e resistente all’umidità che, per molti decenni, fu utilizzato per la produzione di pellicole fotografiche.
Sarà certamente balzato agli occhi il fatto che tali risultati finali avevano come basi di partenza composti organici naturali. Le cose erano destinate a mutare.
La nascita delle prime resine sintetiche
Mentre Goodyear e gli altri inventori registravano i brevetti dei nuovi materiali, l’industria chimica stava sperimentando i polimeri. Questi si presentano come catene di molecole dotate di proprietà meccaniche, originarie da semplici unità di monomeri. Allo schiudersi del nuovo secolo, Leo Hendrik Baekeland, già noto per l’invenzione della Velox, una carta fotografica, era alla ricerca di un surrogato della gommalacca. Non cercava la resina per rivestimenti, ma comunque ci si avvicinò.
Infatti, nel suo laboratorio di Yonkers (New York), Baekeland unì il fenolo, un composto aromatico derivato dal benzene, alla formaldeide. In questo modo, lo scienziato ottenne un fenomeno di polimerizzazione, scoprendo così la prima resina sintetica. La bachelite, questo il nome con il quale fu depositato il brevetto del nuovo composto nel 1906, sostituì fin da subito la celluloide. Questo accadde per via delle sue caratteristiche nettamente superiori, sia dal punto di vista della stabilità chimica, sia per le qualità meccaniche.
Dalla bachelite alla resina per rivestimenti
Questa prima resina sintetica dominò la produzione industriale almeno fino alla metà del secolo. Poi, nel 1953, l’italiano Giulio Natta e il chimico tedesco Karl Ziegler scoprirono il polipropilene. Si tratta di un polimero termoplastico che tuttora accompagna una svariata gamma di comparti industriali, da quello tessile a quello del design d’arredo. Possiamo definire questo passo uno degli ultimi verso la definitiva invenzione della resina che usiamo oggi.
Insomma, per arrivare all’attuale resina per rivestimenti di strada ne è stata fatta. Ora abbiamo a disposizione un prodotto decisamente fantastico, perfetto per la realizzazione di pavimenti industriali, ma anche residenziali.